a cura di Elisabetta Fulgione
Nel famoso romanzo di Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, Lord Henry rivolgendosi al giovane Dorian diceva: “Lei ha una giovinezza meravigliosa e la giovinezza è l’unica cosa che vale la pena di avere”. Una massima che è diventata l’ossessione dei tempi moderni: essere belli e giovani è un obbligo nel mondo di oggi. Ma, mentre negli anni ’90 ci si recava dal parrucchiere per chiedere il taglio di capelli sfoggiato da un attrice o una modella famosa, oggi si arriva dai professionisti del benessere e dai medici estetici con il proprio “selfie face” ovvero il proprio profilo social ritoccato, photoshoppato e modificato con tutti i filtri a disposizione e con la richiesta di diventare quello che ogni giorno mostriamo di essere online (ma non siamo).
Malattie social
Se lo specchio diviene per Dorian Gray un alleato di bellezza che imbruttisce e invecchia al suo posto lasciandolo inalterato nel suo meraviglioso aspetto fisico, per la donna e l’uomo moderno quel pezzo di vetro rappresenta il nemico da sfidare rimandando un’immagine che sentono non appartenergli più. Prima ci si guardava allo specchio, adesso nei selfie. Nascono così nuove patologie, come la “selfie dismorfofobia” in passato colpivano prevalentemente il sesso femminile, attualmente si è registrato un forte incremento dell’incidenza del problema anche nel sesso maschile, così ribattezzata da American Academy of Facial Plastic and Reconstructive Surgery e il disturbo narcisistico, veri e propri disturbi della personalità particolarmente diffusi in questi anni tra gli adolescenti e i giovani adulti. Il disturbo narcisistico è quello predominante tra i giovani: l’aspirazione a un modello di bellezza e perfezione corporea di fatto irraggiungibile. A questo può associarsi il disturbo istrionico: per “apparire” e per essere sempre al centro dell’attenzione si modifica in continuazione il proprio aspetto fisico, un vero e proprio disturbo ossessivo-compulsivo che sfocia spesso in una dipendenza da “ritocco”.
Facce da selfie
Il rapporto con i social ha alterato notevolmente la percezione di sé, stiamo vivendo in un’epoca piena di narcisi digitali, innamorati della propria immagine virtuale, schiavi dei selfie: si calcola che in un anno ne vengano scattati circa 34 miliardi e che l’aumento delle foto abbia corrisposto a un’esponenziale crescita dei trattamenti e delle procedure estetiche solo “allo scopo di apparire migliori nelle foto sui social”. Un esercito del selfie che vede inestetismi che non “esistevano” nemmeno fino a qualche tempo fa come, ad esempio, le rughette che si formano intorno alle labbra quando si simula un bacio sexy: lo sguardo del popolo del selfie è influenzato profondamente dalla fotocamera del telefono cellulare che restituisce un’immagine non corrispondente a verità ma che per loro rappresenta la realtà. E non sono solo i tratti del viso a essere alterati dalle fotocamere degli smartphone ma tutto il corpo viene modificato dall’obiettivo.
Il nuovo allarme arriva dagli psicologi: l’utilizzo dei filtri e di Photoshop sta causando un’ulteriore riduzione dell’autostima negli adolescenti e nei giovani adulti, nei quali le piccole imperfezioni non solo non vengono accettate ma creano disagio e vanno cancellate a ogni costo. Influencer, vip e persone comuni sono oramai “ammaliati” dalla nuova tipologia di filtri Instagram nota come plastic filter. Basti pensare che uno dei più popolari è stato utilizzato più di 200 milioni di volte! Grazie a questo filtro tutti possono vedere l’effetto dei ritocchini chirurgici sul proprio volto, selfie perfetti senza ricorrere ai bisturi. Per alcuni è soltanto è una moda passeggera, per altri invece è diventata una vera e propria ossessione. Cresce così la richiesta di trattamenti estetici anche nelle giovanissime: il nuovo status symbol da esibire con orgoglio a diciotto anni non è più l’orologio, l’automobile o la borsa griffata, ma l’intervento di mastoplastica additiva, il trattamento botox o il filler labbra. In America già si parla di freeze face generation e botox babies: ventenni che “cresceranno ma non invecchieranno mai”, adolescenti che iniziano a fare uso dei trattamenti di medicina e chirurgia estetica da giovanissime con l’approvazione delle mamme, fiere delle piccole bambole perfette a cui possono offrire la possibilità di una bellezza che non sfiorirà velocemente.
La perfezione imperfetta: il ruolo degli operatori del benessere
La società ci pone davanti a continui modelli di perfezione impossibile da raggiungere: la bellezza è un mito, essere belli un dovere e le imperfezioni rischiano di rappresentare qualcosa di cui vergognarsi. La ricerca della perfezione nell’imperfezione, imparare ad accettarsi e non rinunciare mai alla propria “originalità imperfetta”, che rende ognuno di noi un essere unico: è questo il messaggio che chi opera nel campo della bellezza e del benessere dovrebbe sapere trasmettere. Il termine estetica deriva infatti dal greco (aisthesis) e letteralmente vuole dire “sensazione”, ciò che viene percepito attraverso i “sensi”: nessuna correlazione dunque con i canoni estetici applicabili a chiunque, ma con la sensazione che la persona può avere di sé dell’equilibrio tra la sua interiorità e la sua esteriorità.
L’estetista potrà ancora una volta svolgere il ruolo di confidente, con la sua professionalità creare una relazione empatica con la persona comprendendo cosa prova, cosa desidera e come aiutarla a migliorare la condizione di disarmonia che lamenta. Così come il medico che si occupa di estetica, anche il professionista del benessere dovrebbe essere in grado di distinguere i casi in cui la correzione di un piccolo difetto fisico realmente presente potrebbe diventare un sostegno psicologico per il cliente e aiutarlo con il suo intervento ad aumentare l’autostima, al contrario essere invece capace di dissuaderlo dal correggere inestetismi inesistenti creati dalla prospettiva di un’inquadratura o dalla distorsione di un obiettivo di una fotocamera e dal raggiungimento di una perfezione costruita attraverso un filtro magico di Photoshop. Aiutarli quindi a fare “sbocciare la loro bellezza”, unica e irripetibile, e a non inseguire la perfezione che “ha un grave difetto: ha la tendenza a essere noiosa” (cit. William Somerset Maughan).